Il Centro per l’infanzia “Luciano Caldana”, conosciuto come la Casa dei Bambini di Waslala, ha aperto i battenti e accolto i primi bambini nel 2013, ma la sua storia ha radici profonde.
L’idea del centro nasce da una chiacchierata fra amici: gli educatori gia’ attivi nell’attivita con i bambini in difficolta della parrocchia di Waslala, i sacerdoti missionari brasiliani e gli amici dell’associazione Italia-Nicaragua, che parlando della responsabilita degli adulti e della societa adultista in generale rispetto alla situazione dell’infanzia, decidono di cercare di offrire anche ai bambini piu vulnerabili un’opportunita per un futuro migliore.
L’attività che la Parrocchia “La Inmaculada” svolgeva con la Pastorale dei bambini di strada e dei bambini lavoratori risaleva al lontano 1998 e costituiva l’unico centro di attenzione alle problematiche della popolazione infantile in difficoltà in tutta la regione di Waslala. Diversi progetti si erano susseguiti nel tempo; alcuni con l’obiettivo di offrire ai bambini dei luoghi di aggregazione e gioco sotto la supervisione di adulti e volontari (anche provenienti dall’estero), altri con l’obiettivo di aiutare bambini coinvolti in situazioni gravi o difficili e assisterli dal punto di vista psicologico, giuridico ed economico al fine di attenuare o rimuovere le cause del disagio (es. maltrattamenti, morte dei genitori), altri ancora per avvicinare i bambini alla scuola e responsabilizzare la famiglia su temi come la tutela dell’infanzia e la maternità/paternità responsabile.
Negli anni, i bambini che chiedevano di essere coinvolti erano aumentati fino a raggiungere un gruppo di piu di 100 e i bambini che l’equipe della parrocchia era riuscita a inserire in centri protetti (tutti molto lontani da Waslala) erano 36. Questi bambini trovavano una nuova vita ma inevitabilmente perdevano completamente il contatto con la famiglia (allargata) di origine.
Per questo, dal 2010, lo stato nicaraguense aveva definito una nuova politica per l’assistenza ai bambini in difficoltà stabilendo che gli stessi fossero assistiti nel territorio di provenienza e non inviati in centri di accoglienza distanti dal luogo di origine. Il modello si trasformava, passando da una presa in carico del singolo, a un lavoro di rafforzamento di capacita del singolo e della famiglia, per una reinserzione nel tessuto sociale della comunità